Il Consorzio Piave: «Bacini senz’acqua, scorte ai minimi»
«Inutile nasconderlo, siamo preoccupati. Dobbiamo solo pregare che il clima ritorni normale. Se serve, andrò in pellegrinaggio al Santuario della Madonna del Caravaggio».

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Al Consorzio di bonifica Piave si è arrivati agli scongiuri. Quella del presidente Giuseppe Romano non è più solo una battuta. Il cielo da oltre un mese (44 giorni) non fa cadere pioggia, e le temperature sono quasi un grado oltre le medie stagionali. Si guarda verso le vette e si trema. Neve assente, ghiacciai ridotti all’osso, risultato: i bacini montani sono vuoti, da qui a febbraio l’assenza di precipitazioni costanti potrebbe portare all’emergenza idrica nella Marca.

Giove Pluvio s’è addormentato, un sonno pericoloso certificato nei dati Arpav: da fine ottobre non piove più (tranne un debole episodio il 21 novembre), e le previsioni parlano di un dicembre fotocopia. Suona strano parlare di siccità in autunno-inverno, ma gli esperti conoscono bene il fenomeno, presentatosi in questa forma solo tra il 1988 ed il 1990. «Da quando faccio questo lavoro non ho mai visto un’annata così – racconta Romano – non ci sono piogge regolari da luglio, parliamo di sei mesi». Vero anche questo: l’anticiclone africano che da quest’estate tiene lontane le perturbazioni non se n’è andato, portando acquazzoni anche intensi, ma saltuari e in settori ristretti. Confronto impietoso con l’anno scorso.

Tra luglio e dicembre 2014 in un’area come il montebellunese scesero 788 millimetri di pioggia. Nello stesso periodo del 2015, sono stati appena 370. Adesso a tremare sono le scorte idriche. Al Consorzio Piave, che serve 91 Comuni, c’è poco spazio per l’ottimismo. «Non voglio parlare di allarme, dobbiamo vedere cosa accadrà dopo dicembre – continua Romano – Ma già ora i bacini artificiali dei laghi Santa Croce, Centro Cadore e Mis sono ai limiti. Non c’è approvvigionamento». Cosa succederebbe se la siccità durasse fino a gennaio o febbraio?

«Una Marca all’asciutto, non voglio nemmeno pensarci. Ci troveremmo senz’acqua quando più serve, dalla primavera in avanti, per irrigare i campi». A scongiurare lo scenario disastroso si intravede un ritorno della pioggia dopo Natale. E dopo un novembre record, dicembre rischia di confermare il 2015 tra gli anni più caldi di sempre. A preoccuparsi del termometro sono anche gli agricoltori, alle prese con il prodotto principe del periodo, il radicchio. «Il caldo ha rischiato di metterne a repentaglio la qualità – spiega Walter Feltrin, presidente di Coldiretti Treviso – fortunatamente sono arrivate le gelate mattutine che ci aspettavamo. Ora speriamo che le temperature da qui in avanti siano davvero invernali. Diversamente, sarebbe un grosso problema».

 

Corriere del Veneto