Con la distribuzione di matrici organiche, preliminari alla preparazione del letto di semina di soia, ha preso il via lo scorso 7 maggio, presso il podere Fiorentina di San Donà di Piave (Ve), di proprietà del Consorzio di Bonifica Veneto Orientale, una sperimetazione mirata ad aumentare la fertilità del terreno in maniera poco impattante e quindi più sostenibile dal punto di vista ambientale.
In pratica lo studio intende osservare la reazione in termini di produttività del terreno a diversi trattamenti: l’appezzamento della Fiorentina è stato così suddiviso in varie parcelle su cui verranno distribuiti quantitativi differenti di compost e di digestato secco, in un secondo momento si procederà all’osservazione della risposta dal punto di vista delle coltivazioni.
L’iniziativa, nata dalla collaborazione fra il Consorzio di Bonifica e l’Università di Padova (Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse Naturali e Ambiente), esplora dunque nuovi pecorsi per contrastare il fenomeno della desertificazione dei suoli causato dalla mancanza di sostanza organica, scesa in vaste aree del Veneto Orientale a livelli estremamente preoccupanti.
Il test ha chiaremente una valenza che supera i confini regionali: in Italia ci sono aree in cui, a causa dei cambiamenti climatici e di pratiche agronomiche forzate, la percentuale di sostanza organica, contenuta nel terreno, è scesa al 2%, soglia per la quale si può iniziare a parlare di deserto; secondo il C.N.R. (Consiglio Nazionale delle Ricerche), le aree a rischio sono il 70% in Sicilia, il 58% in Molise, il 57% in Puglia, il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%: ad evidenziare il preoccupante dato, che indica il 20% del territorio italiano in pericolo di desertificazione, è l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
“La qualità ambientale è uno dei temi dell’azione dei Consorzi di bonifica – commenta Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI – Per questo, abbiamo il dovere di impegnarci per invertire una tendenza preoccupante ed evitarne le conseguenze. Va sottolineato che un terreno ricco di sostanza organica è un suolo naturalmente fertile, che trattiene meglio l’umidità e ha minor necessità di irrigazione.”
La desertificazione, causata da condizioni climatiche ma anche antropiche, rappresenta l’ultimo stadio di degrado del suolo con conseguente perdita di produttività biologica e geologica, nonché annullamento dei servizi ecosistemici forniti dal terreno, causandone alterazioni difficilmente reversibili, che comportano l’impossibilità di gestire economicamente attività di agricoltura, silvicoltura e zootecnia.
“Un terreno vivo drena meglio l’acqua, aumentando la sicurezza idrogeologica – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Per questo, l’utilizzo di ammendanti naturali è una scelta virtuosa non solo in termini di qualità e biodiversità, ma come importante tassello per incrementare, assieme alle nuove infrastrutture idriche di cui si stanno aprendo i cantieri, la resilienza del territorio alle conseguenze dei cambiamenti climatici. In Italia va superata la cultura dell’emergenza, che costa mediamente 7 miliardi all’anno in ristoro dei danni.”
“Questo approccio – conclude Giorgio Piazza, Presidente del Consorzio di bonifica Veneto Orientale – è l’unico possibile per poter rispondere in modo economicamente ed ambientalmente sostenibile alle sfide, che l’evidente mutamento climatico ci sta ponendo.”