Duecento amministratori tra  agricoltori, rappresentanti dei cittadini e sindaci hanno oggi affollato la sala dell’hotel Laguna Palace di Mestre al convegno organizzato da Coldiretti Veneto, in collaborazione con Anbi, sul sistema della bonifica veneta quale eccellenza del Paese.

“I numeri parlano chiaro – ha detto in apertura dei lavori il direttore dell’Anbi regionale Andrea Crestani – 12mila kmq di territorio servito (il 60% della Regione), quasi 5 milioni di assistiti (l’89% della popolazione), 26 mila km di canali irrigui e di scolo, circa 400 idrovore (delle 700 totali in Italia).  Un esempio nazionale per professionalità, capacità d’intervento, progettualità e innovazione,  il tutto sostanziato ulteriormente da conti in ordine, sprechi azzerati e senza oneri sul bilancio regionale”. Un biglietto da visita che non lascia dubbi sul modello virtuoso di controllo e manutenzione del territorio basato sull’autogoverno, la sussidiarietà, l’autonomia finanziaria.

“Giusto fare un po’ di storia – ha spiegato Massimo Gargano direttore dell’Anbi nazionale – l’intuizione a cui si devono i moderni consorzi sta in un Regio Decreto n.12 del 1933 “Nuove norme per la bonifica integrale”, se non fu visionaria, per certo fu innovativa affidando agli abitanti di una certo comprensorio il compito di programmare le attività irrigue e idrogeologiche, segnalare le straordinarietà ma soprattutto prevenirle con la cura e la manutenzione del paesaggio nel rispetto dell’equilibrio naturale”.

“La legge regionale del 2009 mise i puntini sulle “i” disciplinando le funzioni, semplificando l’organigramma, aggregando  ulteriormente,  applicando il principio comunitario di precauzione e prevenzione del danno ambientale – ha sottolineato Giuseppe Romano, presidente di Anbi Veneto – anticipando con saggezza e preparando le strutture normativamente, dotandole di strumenti adeguati per quanto sarebbe accaduto negli anni successivi, eventi alluvionali e fenomeni atmosferici fuori dall’ordinario che hanno visto il pronto intervento di Sindaci schierati con la Protezione Civile, i tecnici consortili nonché i funzionari della Regione insieme ovviamente agli imprenditori agricoli. L’azione nel momento dell’urgenza ha scardinato gerarchie e favorito la consapevolezza che difronte ai cambiamenti climatici non si è mai sufficientemente pronti nonostante i guanti e i caschetti in dotazione”.

Il presidio dei primi cittadini e la loro responsabilità rispetto al dissesto idrogeologico del 91% dei comuni è stato testimoniato da Maria Rosa Pavanello presidente di Anci Veneto.  Secondo i dati Ispraa oltre un milione di persone vive in aree a pericolosità da frana elevata e più di 6 milioni in zone a pericolosità idraulica. La popolazione più a rischio si trova  in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria.

Sul patrimonio di storia, abilità e competenza da difendere e valorizzare è intervenuto Daniele Salvagno presidente di Coldiretti Veneto, che alla luce quanto accaduto anche recentemente, dalle alluvioni ai tornado fino alla siccità, ha invocato soluzioni e politiche adatte. “Un ragionamento sul risparmio della risorsa idrica e la sua conservazione va avviato e ovviamente  condiviso  dai consumatori, dagli ambientalisti oltre che dagli attori principali della campagna”.

Di capitale umano ha parlato Onofrio Rota, Segretario Generale Fai Cisl: “Metteremo in campo un’agenda agroalimentare, industriale e ambientale riformatrice, che leghi le istanze della produttività con quelle della giustizia sociale. Il binario da seguire è composto dal lavoro, che deve essere sostenuto e ben contrattualizzato. La nostra strategia è la negoziazione con le istituzioni locali e non”.

In chiusura il direttore  Pietro Piccioni, non ha perso l’occasione di evidenziare la disponibilità di Coldiretti al dialogo per procedere, con la forma della concertazione, lungo un percorso di studio e ricerca per esaltare il ruolo degli enti consortili in una prospettiva di sviluppo ecosostenibile.