Storia (4 di 4)

Si segnalano altresì speciali provvedimenti dell’Austria, con speciale concorso finanziario dello Stato, per la bonifica del grande comprensorio delle valli veronesi.

Anche nel Veneto, come in altre regioni d’Italia, gravi furono le rovine dei boschi, in gran parte comunali: molti, nel XVIII secolo e prima, gli sforzi dello Stato per meglio difenderli, ma, pare, con risultati scarsi.

Da tutto ciò discende che diversi Stati preunitari avevano regolamentato l’attività di bonifica riconoscendole un pubblico interesse.

La prima legge sulle opere pubbliche di competenza dello Stato promulgata dal Regno d’Italia nel 1865 non comprese le opere di bonifica, rimandando esplicitamente la questione ad una legge speciale.

Tuttavia, negli anni seguenti furono promulgate diverse leggi per il proseguimento di opere di bonifica intraprese dagli Stati preunitari.

La prima legge organica sulla bonifica vide la luce nel 1882. Si trattò di una “legge speciale” in quanto non applicabile a tutti i territori del Regno, ma soltanto a quelli inseriti nei “comprensori” delimitati con decreto reale. In questa legge, la bonifica fu concepita come strumento di risanamento igienico soprattutto per la lotta contro la malaria e perciò ne riconosceva la competenza allo Stato. Il miglioramento agricolo e lo sviluppo economico dei territori interessati furono considerati, ma solo come sussidiari. Considerati gli interessi “locali” della bonifica, la spesa per la realizzazione delle opere principali non veniva assunta interamente dallo Stato (che partecipava col 50% della spesa), ma anche dagli Enti Locali (Province e Comuni, col 25%) e dai proprietari degli immobili situati nel comprensorio (25%). Per le opere minori il carico della spesa gravava per il 70% sui privati.

Questa legge ebbe il merito di considerare la bonifica come attività di pubblico interesse, e quindi di competenza dello Stato. Ma la sua visione fu quella del risanamento idraulico dei territori piuttosto che quella dello sviluppo economico degli stessi, nonostante che la legge sull’Agro Romano (1878) avesse collegato alla bonifica il miglioramento agricolo, aprendo così la strada ad uno sviluppo economico complessivo.

Nel 1900 fu promulgato un nuovo Testo Unico della bonifica che coordinò la precedente legislazione, modificò la contribuenza per la realizzazione delle opere (60% Stato, 10% Provincia, 10% Comuni, 20% privati; anticipazione della spesa da parte dello Stato con rimborsi in rate senza interessi da 5 a 30 anni) e l’istituto della concessione per la realizzazione delle opere (introdotto nel 1886 a favore dei Consorzi concepiti come organi di decentramento funzionale dello Stato sia per la progettazione e l’esecuzione delle opere, che per la raccolta dei contributi dei privati) estendendolo anche a Comuni e Province. Il regolamento di questa legge (n. 368 dell’8 maggio 1904) è tutt’ora in vigore e, fra l’altro, regola tutte le norme di presidio e manutenzione delle opere.

Intanto prendeva corpo il concetto che la bonifica di un territorio non potesse realizzarsi soltanto con opere idrauliche e stradali, ma si dovesse proiettare verso una nuova vivificazione del territorio che non poteva che iniziare da una valorizzazione agricola dello stesso.

Prendeva corpo, cioè, il concetto di “bonifica integrale”.

A questa evoluzione di pensiero si conformano alcune leggi che introducono nuovi principi basilari che poi trovano un’organica esposizione nel T.U. sulla bonificazione delle paludi e dei terreni paludosi del 1923, che sanziona il concetto che “la bonificazione idraulica di un dato territorio deve essere integrata da quella agricola a carico dei proprietari dei terreni bonificati” (art. 110). Questa legge modifica di poco i criteri di contribuenza per la realizzazione delle opere pubbliche di bonifica, ma ne estende la tipologia.

E’ importante notare che nello stesso giorno di promulgazione di questa legge, vede la luce anche il T.U. sui boschi e sui terreni montani per il loro riassetto idraulico e forestale ed il miglioramento produttivo attraverso il sistema dei miglioramenti fondiari agricoli.

Sempre sullo stesso filone ideologico, nel 1924 viene promulgata la legge che reca “provvedimenti per le trasformazioni fondiarie di pubblico interesse”, che svincola il concetto di bonifica agraria da quello di risanamento idraulico e rende possibile l’esecuzione di opere di competenza dello Stato in comprensori la cui trasformazione fondiaria possa consentire l’incremento della produzione agricola.

Intanto viene dato un forte impulso alla realizzazione di opere di bonifica e, considerato il prevalente interesse del settore agricolo alla iniziale valorizzazione dei territori bonificati, tutte le competenze della bonifica vengono trasferite dal Ministero dei Lavori Pubblici a quello dell’Agricoltura, presso il quale, nel 1929, viene istituito un “Sottosegretariato di Stato per la bonifica integrale”.

Si arriva così al T.U. del 1933, tuttora in vigore.

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