L’Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e tutela del territorio e acque irrigue) ha stimato i costi del dissesto idrogeologico all’anno. E propone un Piano per prevenirlo, ma servono ingenti investimenti.

Roma, 25 novembre 2016  – Ma quanto costerà il dissesto idrogeologico costa all’Italia? Qualche giorno fa Francesco Vincenzi, il presidente dell’Anbi (Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e tutela del territorio e acque irrigue) presentando l’annuale report per la riduzione del rischio idrogeologico ‘Manutenzione Italia – Azioni per l’Italia sicura’ a Roma spiegava: “‘Non è possibile stimare il valore della sicurezza ma quello del costo del dissesto idrogeologico sì: 2,5 miliardi di euro all’anno”.

Quindi 2,5 miliardi di euro all’anno, con ben il 9,8% del territorio italiano è ad alto rischio di dissesto. Anbi fa presente che l’emergenza idrogeologica è sempre presente nel nostro Paese. La popolazione italiana a rischio alluvioni è pari a 9.039.990 abitanti (di cui 5.922.922 a pericolosità media ed elevata), le imprese a rischio sono 879.364 (di cui 576.535 a pericolosità media ed elevata), i beni culturali a rischio sono 40.454 (di cui 29.005 a pericolosità media ed elevata), le superfici artificiali a rischio si estendono su 292.690 ettari (di cui ha. 201.130 a pericolosità media ed elevata).

Vincenzi fa il punto: “I consorzi di bonifica stanno operando di concerto con le autorità preposte e, incrociando le dita, la rete idraulica del Piemonte sta sostanzialmente reggendo, grazie agli interventi realizzati dall’alluvione del ’94 ad oggi: opere idrauliche, ma soprattutto una migliore manutenzione degli alvei, evitando la presenza di materiali che, in evenienze come le attuali, ostacolerebbero il defluire delle acqua. Contestualmente i danni, che si stanno comunque registrando, confermano che il rischio idrogeologico zero non esiste, soprattutto a fronte di cambiamenti climatici, la cui velocità è più forte della capacità di adeguamento finora espressa dal sistema Paese, il cui territorio già morfologicamente fragile, è minato da uno sviluppo urbanistico spesso dissennato e non di rado abusivo”.

Ma l’Anbi piemontese esprime “preoccupazione per la prevista confluenza delle piene dei fiumi Tanaro e Bormida nel letto del Po, già carico d’acqua”.

Diversa è la situazione della Liguria, dove il ripetersi di emergenze idrogeologiche sta portando alla possibilità di costituire nuovi consorzi di bonifica, organi di autogestione del territorio, oltre a quello già operante nel comprensorio spezzino di Sarzana; il confronto attuale è attorno all’ipotesi di un ente consortile per provincia.

Ma in Italia si devono recuperare 25 anni di generale disinteresse nei confronti della salvaguardia del territorio, e che solo da un paio di anni si sta cercando di colmare con l’azione della Struttura di Missione #italiasicura che, afferma dal canto suo il direttore generale ANBI, Massimo Gargano, deve diventare sempre più “la casa della cultura del fare, perché non si ripeta la vergogna delle risorse disponibili, ma non spese, in materie determinanti per la vita delle nostre comunità e l’economia del Paese come la prevenzione da frane ed alluvioni!”.

La principale causa delle nostre difficoltà è l’impermeabilizzazione che porta al degrado del suolo in quanto comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, minaccia la biodiversità, contribuisce alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio soprattutto rurale.

Da tener presente che il consumo di suolo in Italia continua a crescere, in media, di circa 35 ettari al giorno con una velocità di trasformazione di circa 4 metri quadrati ogni secondo. In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 2.110.000 ettari del nostro territorio. Da qui l’adeguamento della rete idraulica diventa quindi condizione fondamentale per la sicurezza territoriale, indispensabile per qualunque attività economica.

Infatti se non vi è stabilità del suolo, non si realizzano investimenti per infrastrutture ed impianti. “E’ necessario assumere -conclude il Presidente dell’ ANBI – una nuova coscienza del territorio in un Paese, il cui dissesto provoca mediamente2 miliardi e mezzo di euro di danni all’anno. Per questo, propongo che nei programmi scolastici venga introdotta una rinnovata educazione civica, quella alla manutenzione del territorio; l’affermarsi della cultura della prevenzione dai rischi naturali cosi’ come l’approvazione della legge contro il consumo indiscriminato del suolo sono scelte richieste dalla gente e condivise dall’opinione pubblica”.

L’Anbi ha messo a punto un Piano anti-dissesto che prevede complessivamente 3.581 interventi, articolati per regione e pronti con progetti definitivi ed escutivi per i quali serve soltanto il finanziamento; l’investimento è di circa 8 miliardi, che attiverebbero oltre 50 mila posti di lavoro. Punti che l’Anbi ”auspica si possano tener conto nella prossima legge di Stabilità”.