Al “No alle trivellazioni” espresso qualche giorno fa dal governatore del Veneto Luca Zaia, si unisce anche quello dei vertici del Consorzio di bonifica Delta del Po. Infatti, Giancarlo Mantovani e Adriano Tugnolo, rispettivamente direttore e presidente dell’ente, affermano: “Ribadiamo la netta contrarietà e la nostra preoccupazione contro la ricerca e le estrazioni di idrocarburi sicuramente in terra ferma e nella fascia delle dodici miglia, soprattutto in considerazione del fatto che il nostro territorio deltizio ha pagato e sta ancora pagando le devastanti conseguenze delle massicce estrazioni di metano dal sottosuolo negli anni dal 1950 al 1960”.

Mantovani e Tugnolo fanno osservare che, a causa della subsidenza, il territorio in alcuni punti si trova oltre 4 metri sotto il livello del mare, e che tale fenomeno e quello concomitante dell’eustatismo marino (innalzamento medio del mare) hanno letteralmente sconvolto la rete idraulica di bonifica e di irrigazione, mettendo altresì in crisi l’efficienza degli impianti di pompaggio per il prosciugamento del territorio. “Per mantenerlo asciutto e in sicurezza – spiegano – sono in funzione ogni giorno 40 impianti idrovori, che comportano una spesa di circa 2.200.000 euro all’anno di energia elettrica, quasi tutti a carico delle varie fasce dei consorziati, giacchè la Regione Veneto eroga attualmente un contributo di appena 150mila euro all’anno”.

“Condividiamo appieno le dichiarazioni e le preoccupazioni di Zaia – concludono – in quanto le trivellazioni in Adriatico porterebbero ad aggravare ulteriormente una situazione già molto difficile, con il rischio di perdere definitivamente il territorio”. E rivolgendosi ai politici del governo centrale, Mantovani e Tugnolo li invitano a far visita al Delta “per conoscerlo e per rendersi conto dell’attuale stato in cui versa”.